mercoledì 23 ottobre 2013

Gallicano nel Lazio: mantenimento cani ad vitam..(forse è meglio dire..reclusi a vita)

Gli importi riportati nella tabella sono da intendersi parziali e non definitivi poiché non sono a disposizione della nostra Delegazione ulteriori dati contabili relativi alle mensilità restanti.

Il problema del randagismo, oltre a rappresentare una grave forma di inciviltà da parte di chi abbandona il proprio animale, rappresenta anche e soprattutto un notevole danno economico per le casse comunali.
Analizzando i dati relativi alle fatture per il servizio di "custodia dei cani randagi recuperati sul territorio comunale dal Servizio veterinario della ASL RM/G ai sensi della L.R 34/97" per le annualità 2012 e 2013 (dati parziali e non definitivi) è evidente il costo di gestione delle diverse attività.
Il Comune di Gallicano nel Lazio ha formalizzato ed approvato una convenzione con la società "La Fattoria di Tobia s.r.l" (Det. n. 143 del 10.12.2012) per il servizio di custodia dei cani randagi che per un solo semestre dell'anno 2012 ha comportato un uscita "di cassa" di ben 30.478,40 Euro, mentre per l'anno 2013 i dati non sono affatto confortanti perchè per un solo quadrimestre la cifra è ben più consistente e si attesta sui 26.98,30 Euro.
Quindi tenendo ben presente i dati in nostro possesso, possiamo provare a determinare il numero dei cani provenienti dal territorio di Gallicano ed oggi ricoverati presso il canile, secondo il modo seguente:

I° semestre 2012 (153 giorni) - €. 30.478,40
costo giornaliero = 199,20 €\giorno
ipotizzando un costo per ciascun cane di €. 3,75
dovrebbero essere presenti nella struttura circa 53 cani prelevati nel nostro territorio.
il condizionale in questo caso è d'obbligo perchè si ipotizza che tutti i cani recuperati siano tutt'ora in vita e comunque non siano stati adottati da nessuno.

In un linguaggio più chiaro e comprensibile, spendiamo circa 200 euro al giorno per mantenere "reclusi a vita" i cani abbandonati..

Per meglio comprendere l'entità della situazione a riguardo del fenomeno del randagismo vi invitiamo a leggere l'interessante articolo di cui si sono occupati in passato la Segreteria Nazionale FEDERFAUNA e ASSOCANILI http://www.federfauna.org/newss.php?id=8498 e l'intervento del segretario Sivelp, Angelo Troi, http://www.sivelp.it/index.php?option=com_content&view=article&id=713:-microchip-sterilizzazioni-randagi&catid=15:editoriali&Itemid=1


mercoledì 16 ottobre 2013

SPANDIMENTO DEI REFLUI OLEARI...

E’ consentito per le acque di vegetazione e le sanse umide dei frantoi oleari unicamente l’utilizzazione agronomica, ossia l’applicazione al terreno finalizzata all’utilizzo delle sostanze nutritive ammendanti, mentre non può essere effettuato lo spandimento o l’abbandono sul terreno come pratica incontrollata di smaltimento di tale reflui.
Ciò è quanto ha stabilito in una sentenza la Corte di Cassazione, affermando che i residui oleari di frantoio, al di fuori dell’utilizzazione agronomica, rientrano nella disciplina in tema di inquinamento o di rifiuti. Sicché, per contenere rigidamente il fenomeno di deposito abusivo, lo spandimento di tali residui se non è condotto nel rispetto delle norme che ne disciplinano l’utilizzazione agronomica è sanzionato penalmente.
La Cassazione ha, infatti, confermato la condanna del titolare di un frantoio che ha effettuato un’attività di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi, che consistevano in un numeroso quantitativo di sansa e acqua di vegetazione che ha trasportato dall’oleificio sul terreno di proprietà, depositandoli in modo incontrollato in mancanza della prescritta autorizzazione.
E’ stato accertato che tale deposito sul terreno, che non era riconducibile all’utilizzazione agronomica, si caratterizzava di un quantitativo di sansa eccedente il limite consentito che aveva determinato fenomeni di ruscellamento nelle zone circostanti. Pertanto, il titolare del frantoio è stato dichiarato colpevole del reato di smaltimento illecito di rifiuti avendo effettuato un accumulo e spandimento di reflui della lavorazione delle olive non controllato.
Deve, infatti, escludersi che la sansa possa essere considerata, a priori, un sottoprodotto, poiché tale qualificazione non può essere ammessa in mancanza di un ulteriore riutilizzo legale della sostanza. In materia, si ricorda che l’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione dei frantoi è soggetta alla disciplina della preventiva comunicazione a condizione che sia effettuata da piccole aziende agroalimentari che trattano in massima parte i loro stessi prodotti, tale caratteristica dipende dalla circostanza che i quantitativi di acque ottenuti dalla lavorazione risultano in tal modo contenuti e, quindi, tollerabili nei terreni agricoli dove le acque vengono distribuite con le opportune cautele.
Nel controllo sull’utilizzazione agronomica  si deve in primo luogo verificare se ad essa si ricorra legittimamente e se vengano rispettate le prescrizioni regionali. E’ chiaro che si è in presenza di un reato ogni qualvolta si accerti un’applicazione al terreno finalizzata al semplice smaltimento del refluo, invece che allo spandimento delle acque di vegetazione realizzato assicurando un’idonea distribuzione ed incorporazione delle sostanze sui terreni, in modo da evitare conseguenze tali da mettere in pericolo l’approvvigionamento idrico, nuocere alle risorse viventi ed al sistema ecologico.